Calcio

Quel sacro fuoco rossonero: le vite parallele di Rino e Sandro, dentro lo stesso 8

Il gol del lodigiano nella Roma biancoceleste ha fatto riaffiorare alla mente la rete del centrocampista di Corigliano Calabro a Torino nel 2011 contro la Juve, squillo che lanciò i rossoneri verso l’ultimo titolo. Cose che succedono solo nel tessuto sportivo ed umano di quella maglia numero 8…

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Se fosse ancora vivo Plutarco di Cheronea, avrebbe di sicuro e con il suo zelo descrittivo aggiornato le sue “Vite Parallele”, dopo i confronti tra Alessandro e Cesare, Epaminonda e Scipione l’Africano ci sarebbe stato un capitolo nuovo, inedito, incentrato sui nostri giorni ed avrebbe trattato le vicende di Gennaro Ivan Gattuso da Corigliano Calabro e Sandro Tonali da Lodi, il rossonero.

In attesa che i ginnasiali del futuro leggeranno, accanto alle gesta di Demostene e Cicerone anche delle imprese di Gattuso e Tonali, sorprende quello che sta accadendo nei gangli della maglia numero 8, oggi casacca di Sandro e stessa toga della fatica, che nel recente passato, appartenne a Rino.

Appena il talento classe 2000 approdò al Milan, nell’estate del 2020, fece una cosa, anzi una chiamata: “Rino piacere sono Sandro, potrei indossare la numero 8 che tu hai così tanto onorato al Milan?”.

Prima di riuscire ad entrare nei cuori, aveva bisogno del lasciapassare di Ringhio: questa chiamata fu la chiave.

Tonali era entrato, in punta di piedi e con l’imprimatur di un mito del Milan, nell’universo rossonero.

Un anno, lo scorso, a prendere le misure, a mangiare il pane duro, perché il caviale, in questo club, mica te lo danno subito, anche se i paragoni e gli attestati di stima parlano per te, vale sempre il giudizio del campo e sul campo, spesso, Sandro non riusciva ad esprimersi, ai livelli che desiderava.

Il primo a capirlo, fu lui, che nell’ultima estate fece una cosa per cambiare in toto, direzione: si ridusse l’ingaggio, altro gesto di svuotamento: a lui interessava solo riempirsi e riempire di rossonero.

Poi dopo questo passo indietro, arrivò l’ultimo giro d’orologio della gara contro la Lazio all’Olimpico, domenica sera.

Prima della partita Olimpia, l’aquila, aveva fatto i suoi alti giri. Ad inizio match, pronti via e sull’asse Milinkovic – Immobile, la Lazio aveva morso per prima.

Ma in seguito, l’olio di gomito di Leao unito all’estirada di Giroud, avevano riportato il Milan a galla.

Mancava qualcuno, mancava qualcosa a Pioli perché la serata fosse completa e senza nessun amaro in bocca.

Quel qualcosa era il raddoppio, quel qualcuno si chiamava Tonali. Ibra, di testa con la giustezza potente e disarmante della giocata di cortile, offriva a Sandro un uovo di Pasqua postdatato.

Sandro doveva solo aprirlo, pescare la sorpresa e correre a perdi fiato.

Controllo di ginocchio, alla calcio tennis, e giù un destro risolutore morbido e basso.

La corsa poteva iniziare, e mentre la maglia 8 cadeva dal suo corpo, sanamente inchiodato da peana liberatori della Sud, giunta massicciamente a Roma, la stessa camiseta 8 andava a rivestire, in un gioco di vorticosi rimandi, Rino Gattuso.

5 marzo 2011, il Milan soffriva all’Olimpico contro la Juve (lo Stadium era ancora di là da venire e sarebbe sorto pochi mesi dopo). Ma un acuto di Gattuso, trafisse Buffon e regalò ai rossoneri non solo i tre punti ma una enorme fetta di scudetto, che poi la matematica decretò il 7 maggio grazie allo 0 a 0 a Roma contro i giallorossi.

Gattuso era alla fine della sua lunga militanza milanista, il suo addio al Milan sarebbe infatti arrivato al termine della stagione seguente, nel 2012.

Tonali è agli inizi del suo rapporto con il club italiano più titolato d’Europa.

Ma la maglia è la stessa. Quella maglia. La 8, un unico sacro fuoco, che prima divampava in Rino ora infiamma Sandro.

Si, Plutarco dovrebbe decisamente aggiornare le sue Vite Parallele

 

Foto tratta da pixabay.com




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