Calcio
Incontro con Valentina De Luca
Si parla di calcio femminile, dagli Europei alle calciatrici professioniste
A tu per tu con… Valentina De Luca: “il bomber che è in me non muore mai, sana invidia e grande stima per i passi da gigante del calcio femminile”
Da seme posto all’ombra, il calcio femminile è riuscito a piantare solide radici, a sbocciare e a resistere a pregiudizi e scetticismo della gente. Non solo è rimasto in piedi nonostante i pareri contrari, ma ha anche ottenuto il professionismo che, il 1° luglio, entrerà definitivamente in campo tra le ragazze. Le nostre azzurre si giocheranno i campionati europei in Inghilterra il 6 luglio. Ne parleremo sulle colonne di Oggi Sport Notizie con Valentina De Luca, dal 2010 al 2016 punta di diamante con le casacche di: Inter Milano, Real Meda, Fiammamonza, ancora Real Meda ed Azalee.
Ogni tipo di sogno va piantato e coltivato con pazienza e amore, raccontaci delle radici del tuo sogno, da dove e dove nasce la tua passione?
“È stato un dono di natura, ho delle foto di quando avevo tre anni: una bimba dai capelli biondi con un pallone tra i piedi e il sorriso stampato in viso. Ho trascorso tutta la mia infanzia giocando a calcio al campetto con i miei amici maschietti. La mia prima esperienza calcistica è stata l’Inter femminile e da lì ho iniziato a vedere sbocciare i fiori che avevo piantato in quel campetto sterrato.”
Dal primo luglio il calcio femminile diventerà tutti gli effetti professionistico. Tu sei stata una delle pioniere di questo sport, quanto sono stati importanti gli sforzi tuoi e delle tue compagne, in un momento in cui, l’intero movimento, non godeva di tutte le attenzioni, la visibilità e degli introiti di cui gode oggi?
“Sono stati degli sforzi veramente importanti, abbiamo fatto grandi sacrifici. Spesso ci trovavamo ad allenarci dopo 12 ore di lavoro e molte volte andavamo al campo alle 20:00 e terminavamo alle 23:00. Era un vero e proprio lavoro, a tutti gli effetti, anche se non riconosciuto e tantomeno retribuito. Guardiamo a questo grande sviluppo con immensa gioia, ma anche con un pizzico di sana invidia, non abbiamo avuto la possibilità di vivere di calcio, ma permetterlo alle nuove generazioni è comunque una vittoria che mi piace portare in alto come una coppa. Dobbiamo tanto a dei grandi sacrifici che hanno fatto in passato società, presidenti e componenti dello staff delle squadre, mi piace sempre ricordarlo e sottolinearlo, poiché hanno investito in questo movimento già da prima che avesse successo. C’è stata una grande energia da parte di tutte le persone per spingere e lanciare il calcio femminile, mantenere una squadra di calcio è dispendioso e spesso lo si faceva addirittura a titolo gratuito. tutti loro hanno profuso un grandissimo impegno e ci hanno creduto sempre, anche quando eravamo in pochi a crederci con loro.”
Sei tra le prime che è riuscita a farsi spazio in uno sport che si credeva essere unicamente maschile, combattendo il pregiudizio e aprendo così le porte a molte altre donne appassionate; Com’è stato questo viaggio? Per caso hai trovato dei dossi durante il cammino? Pensi che lo sport possa avere un genere preciso o necessiti solo di passione sudore?
“Lungo il mio percorso calcistico non mi sono imbattuta in dossi particolarmente difficili da superare, diciamo che comunque quando sei donna e dici di giocare a calcio c’è sempre scetticismo. Ho visto molte persone storcere il naso e rimanere quasi sorprese, questo pregiudizio ferisce sicuramente noi calciatrici, ma ci piace sempre dimostrare loro che hanno torto. A questo proposito vorrei ricordare un episodio di quando ero piccola che conservo ancora con gelosia: un giorno ho partecipato ad un torneo con i miei amici, erano tutti maschi, vi lascio immaginare lo stupore appena mi hanno vista “ma è possibile? Hanno portato una ragazza!” “figurati sarà scarsissima”. Una volta terminato il torneo, si sono avvicinati tutti per farmi i complimenti e per dirmi “la prossima volta ti vogliamo noi in squadra”. Anche se sono passati tantissimi anni ricordo quel giorno sempre con tanto piacere, è proprio uno schiaffo al pregiudizio. Tutto ciò fa capire che giudicare prima del dovuto lascia solo amaro in bocca e ripensamenti, bisogna a volte guardare un pochettino oltre a ciò che si suppone.”
Tornando alla tua carriera, insomma, Inter Milano, Real Meda, Fiammamonza, ancora Real meda e Azalee, sei stata un bomber a tutti gli effetti. Nel firmamento del calcio femminile di oggi, c’è una giocatrice in cui ti rivedi, a cui senti di assomigliare?
“Sicuramente Cristiana Girelli, che milita nella Juventus, la trovo una giocatrice estremamente completa, ha fisico, velocità e tecnica, rivedo in lei e in queste caratteristiche, l’attaccante che ero al tempo e che sono ancora nel mio cuore. Ho un debole per Barbara Bonansea, un talento, e molte altre. Ho avuto anche la fortuna di giocarci contro e quasi contro tutte loro, è un enorme piacere pensare che adesso, appunto, giochino in squadre titolate come la Juventus, è gratificante.”
Ogni giocatore ha una partita o un momento d’oro che non si stancherà mai di raccontare, un frangente in cui ha capito che il calcio scorre nelle vene e arriva dritto al cuore, raccontaci del tuo.
“Sono orgogliosa di poter vantare molti momenti d’oro, essendo un’attaccante chiaramente ogni gol è una gioia immensa, tra tutti ricordo, però, due episodi precisi che mi hanno riempito il cuore. Il primo, quando giocavo nelle Azalee, è il mio gol al novantesimo minuto contro Real Meda, che ci ha permesso di raggiungere gli ottavi di finale di Coppa Italia. È stato un traguardo storico sia per la società che per tutte noi giocatrici, perché andare a giocarsi gli ottavi di finale contro il Brescia, che quell’anno vantava giocatrici come Bonansea, Gama, Girelli, Rosucci, di altissimo livello, era sicuramente eccezionale. Quando ormai eravamo già pronte ad andare ai calci di rigore, quel gol è stato, per noi, un’esplosione di gioia, sento ancora le scintille di quel momento. Il secondo è il mio esordio in serie A con Fiamma Monza, con un gol da 30 m all’incrocio dei pali, non potevo desiderare di meglio.”
A luglio ci saranno gli europei della nazionale femminile, come vedi la squadra di Milena Bertolini? Secondo te potrà togliersi delle soddisfazioni puntando all’alzata dell’asticella rispetto al mondiale?
“Sicuramente la squadra è di alto livello, sono stati fatti dei passi da gigante nel corso degli anni. Basandoci sul trend delle ultime partite, non ultima vinta contro la Svizzera, secondo me, potremmo senz’altro toglierci delle grandissime soddisfazioni. Il gruppo è unito, poiché tutte si conoscono e giocano insieme da tantissimo tempo, c’è tra loro quell’unione che fa della squadra una grande famiglia. Andremo alla grande.”
C’è per caso una persona, che sia un allenatore, un familiare, un amico o un’altra compagna di squadra che ti senti di ringraziare guardandoti indietro? Persone senza le quali non sarebbe stato lo stesso
“Ci sono diverse persone a cui devo tanto e sicuramente la prima è mio fratello Luigi, lui mi ha permesso di iniziare questo percorso calcistico, un giorno ha chiamato l’Inter, a mia insaputa, e mi ha fissato un provino, lui mi ha dato il coraggio e mi ha spinta tra le braccia di questo mio sogno. Oltre a lui, in generale non smetterò mai di ringraziare tutta la mia famiglia, loro mi hanno seguita in successi e sconfitte, con la neve, con la pioggia, col freddo, col gelo o col sole, erano sempre sugli spalti pronti a sostenermi e incitarmi e a darmi tutto il loro il loro affetto e questo è stato veramente importante, mi riempie il cuore davvero. Ultimo ma non per importanza ringrazio anche il mio allenatore del Meda, è stato il primo in assoluto a credere in me, io arrivavo dalla prima stagione dell’Inter femminile dove ho giocato ma non tantissimo, lui mi ha vista e mi ha detto “vieni qua, io punto tutto su di te, prometto di valorizzarti come meriti, sarai la mia punta di diamante” e ha effettivamente mantenuto la promessa. Al Meda ho giocato sempre titolare fino a raggiungere quota 50 gol in sole tre stagioni, gli sarò sempre grata e penso di avergli dato tante soddisfazioni e di aver reso onore al suo “puntare tutto su di me”.
Più che una domanda, una curiosità, oggi so che ancora magari ti capita di giocare, quando vedi un pallone c’è ancora quella foga e quel trasporto?
“Brucia ancora in me quel fuoco, a volte anche solo vedendo in giro un campo da calcio mi immagino lì, con una palla e tanta voglia di gol, è indomabile. Ho ancora fame di quell’adrenalina prima della partita, del fischio di inizio che resetta completamente il cervello e improvvisamente per te c’è solo calcio, della gioia dopo un gol, quando tutte ti saltano addosso e senti il pubblico urlare dagli spalti. Non è neanche spiegabile a parole, è qualcosa che senti dentro, tuttora se potessi riprendere a giocare a calcio lo farei senza indugi, ma, purtroppo, per esigenze lavorative non mi è possibile. La passione vive tutt’ora, con me e dentro di me, ci sarà sempre; infatti, nel tempo libero, faccio qualche partita a calcetto con amici e amiche e, tutt’oggi, ogni volta che tocco la palla mi sembra di respirare meglio. Spesso mi piace anche ritagliarmi dei momenti per pensare a quello che è stato e mi dà un miscuglio di conforto e nostalgia che mi fa sempre bene al cuore, è bello anche rielaborare, ripercorrere la mia storia. Il bomber che è in me non muore mai.”
La chiacchierata con Valentina De Luca finisce qui. Grazie per il tempo dedicatoci. La gioia e la curiosità per la crescita e per tutti i traguardi del calcio femminile, continua.
Intervista di Gaia Piccigallo (studentessa).
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