Tennis
Da oggi il tennis è più povero
Sono passati appena pochi giorni dall’ultima partita giocata in carriera da Roger Federer. Non poteva esserci un epilogo migliore che in un contesto di festa come la Laver Cup, in compagnia dei suoi più grandi avversari ed amici allo stesso tempo. Nel momento più impegnativo della sua vita (altro che Slam e Master 1000), Roger non è voluto restare da solo all’ultimo “game, set and match” della carriera perché la solitudine è una brutta bestia per chi ne soffre e la cosa più giusta da fare è stata piangere accompagnato da chi lo ha spinto oltre i propri limiti di gioco e mentali, da chi lo ha spinto oltre ogni sua paura.
La partita in doppio di Federer e Nadal contro Sock e Tiafoe si è conclusa da poco. Le lacrime iniziano a scendere sui volti dei protagonisti (e sui nostri) come fossero rubinetti difettosi. Di gesti iconici di quel venerdì 23 settembre ce ne sono stati molti: dalla delicatezza con cui Roger ha preparato le sue ultime racchette negli spogliatoi, o da come (in realtà non si sa come) abbia fatto passare la pallina tra il paletto e la rete. Il più importante è come Federer abbia cercato e trovato le mani di Nadal mentre erano seduti sulla panchina, a fine partita. In quel momento Roger si è sentito più solo che mai ed ha trovato conforto, sollievo nelle mani del suo più grande rivale.
Perché, parliamoci chiaro, senza Rafa Nadal non sarebbe vissuta l’epoca di Roger Federer. E viceversa. O meglio, senza la loro rivalità non li avremmo visti nella loro interezza e magnificenza. Oggi comincia una nuova era tennistica, e senza Re Roger tutto sarà meno poetico.
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