Champions League
Il finale più brutto. Discontinuità per elevarsi dal rischio mediocrità
Al triplice fischio dell’arbitro francese Clément Turpin, i tifosi rossoneri si sono visti stracciare in faccia 20 anni di fierezza e orgoglio. Un finale sportivamente drammatico che consegna alla storia, come una foto ingiallita, la passata semifinale del 2003. Questa volta l’Inter vince l’euroderby e lo fa mostrando solidità, qualità e una superiorità evidente nei confronti di un Milan mai in partita.
Non c’è dubbio che se qualcuno avesse pronosticato tre anni fa che il tanto criticato e beffeggiato Milan di Stefano Pioli avrebbe vinto uno scudetto, raggiunto un secondo posto e una semifinale di Champions, sarebbe stato molto complicato dargli retta. Eppure è successo con tanto di risanamento delle casse di via Aldo Rossi. La delusione è accentuata dal fatto che ad estromettere il Milan dalla finale di Champions è stata la rivale di sempre, i cugini interisti.
Tra qualche ora, metabolizzato il dolore, rimarginata la ferita, con quale occhi dovremmo osservare il diavolo in vista del futuro? Questa squadra ha nelle corde il salto di qualità già atteso dopo il tricolore? La risposta è no. Intanto le parole di Maldini nell’immediato post derby hanno l’amaro sapore del dèjà vu. Il direttore dell’area tecnica rossonero ci ha tenuto a ribadire più o meno gli stessi concetti espressi lo scorso anno. Fecero clamore le sue parole, in pieno festeggiamento tricolore, alla Gazzetta. Ecco Maldini ai microfoni di Mediaset: “Non siamo strutturati ancora per competere su due competizioni. Lo abbiamo detto ai nostri proprietari, lo sanno benissimo. Oggi c’erano tre anni di media di differenza con l’Inter”. L’ancora di salvezza sarebbe la qualificazione alla prossima Champions ad oggi non del tutto scontata.
C’è solo da capire quando e se, dagli uffici dell’area tecnica, arriverà un po’ di autocritica. In queste tre stagioni, per intenderci, dal preliminare di Europa League a settembre 2020 ad oggi, nonostante sei sessioni di mercato, oggi come allora si continua a pensare al Milan come squadra carente in vari reparti. Un’alternativa di qualità in difesa. Un altro centrocampista di livello (nel frattempo è andato via Kessie e non è stato rimpiazzato, raddoppiando l’esigenza). Gol e assist sulla trequarti (nonostante i soldi spesi, una cinquantina di euro, per i vari De Ketelaere, Adli, Messias, e Diaz). E un bomber da almeno 20 gol.
Calabria, Kjaer, Theo, Kalulu, Tonali, Krunic, Bennacer, Saelemaekers, Diaz, Leao sono dieci dei sedici calciatori scesi in campo nel doppio derby di Champions. Sono gli stessi scesi in campo nei match contro lo Shamrock Rovers, il Bodo Glimt e il Rio Ave del preliminare di Europa League tre anni fa. Tolti Maignan e Tomori, i massimi esponenti di questo percorso lungo tre anni si chiamano Thiaw, Pobega, Messias e Origi. Senza elencare gli acquisti persi tra panchina e tribuna. Questo basterebbe per richiedere un po’ di autocritica su un progetto tecnico che nonostante l’onda dello scudetto, continua ad vere contorni alquanto limitati e modesti.
La guida tecnica, nella persona di Stefano Pioli e il suo staff, invece di regalare le solite banali dichiarazioni, dedichino più impegno per spiegare un 2023 mediocre. Nella qualità di gioco espressa e come naturale conseguenza nei risultati. La sua guida da più l’aria di un’autogestione che di un progetto reale. Arrivare al momento clou della stagione, con una competizione (il campionato) abbandonata da tempo, in queste scadenti condizioni fisiche, tecniche e mentali è da capitano a fine corsa.
La riconoscenza non può essere un vincolo o un legame che ti porta all’annientamento. Adesso le ultime tre sfide di campionato per provare a garantirsi il quarto posto valevole per la prossima Champions e poi testa al futuro. La parola d’ordine pensando al domani deve essere “discontinuità”. Continuare ad investire su giovani di prospettiva, ignorando le esigenze che ci sono da tre anni, farà di questo progetto un consolidamento nel limbo delle buone squadre e nulla più. E sai che piacere il progetto finanziario virtuoso
Rifletta chi di dovere. Che il 19esimo scudetto festeggiato esattamente un anno fa in quel di Reggio Emilia, non venga ricordato come un piacevole “incidente di percorso” sulla via della sostenibilità.
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