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La bellezza di un viaggio in “terza classe”: per molti è ora di…

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Il 3 giugno 1956, esattamente 67 anni fa, cessarono la loro esistenza i vagoni di terza classe per tutti i treni italiani. Partì allora il processo di democratizzazione nei trasporti atto a ridurre le distanze sociali. In cosa consistevano i vagoni di terza classe? Erano destinati al trasporto di massa e alla gente dall’umile estrazione popolare. Si dava la possibilità di viaggiare a basso costo, in piedi o al massimo su scomode panche di legno. Dopo un piccolo ripasso di storia dei trasporti italiani vi starete chiedendo la relazione tra tutto ciò e il Milan a poche ore dal derby dei derby. Spesso quando si imposta una destinazione su un qualsiasi navigatore, il dato che più ci interessa è quanto manca all’arrivo. Nel caso del Milan, mai come in questa giornata, l’arrivo rischia di essere una forma ossessiva per confermare agli occhi di tutti un livello di forza. Mi chiedo, perché? Questa squadra deve provare ad attingere a tutte le sue forze fisiche e mentali guardando da dove è partita. Soprattutto dove l’hanno collocata per questo lungo viaggio. Nel momento in cui il mondo intero era costretto a barricarsi in casa per scampare alla quasi letale scure della pandemia, questo gruppo in predicato di essere smantellato e affidato all’ennesima gestione tecnica, si è ritrovato, come una famiglia, a darsi coraggio attraverso uno schermo. Con la promessa che alla riapertura, all’epoca molto remota, avrebbero dimostrato tutti, allenatore in primis, il loro valore per regalarsi ancora anni insieme. Mentre in Italia la ripresa delle attività sportive e i conseguenti risultati furono bollati come “calcio estivo”, la “campagna europea” parte dalla “terza classe”. In fondo il livello era conforme alla forza del gruppo. E quindi tutti in carrozza, in piedi, in viaggio verso Dublino a battagliare contro gli sconosciuti irlandesi dello Shamrock Rovers. Il tempo di un brivido norvegese tra le mura amiche e si risale. Ammassati proprio come gli ultimi degli ultimi, si viaggia destinazione Vila do Conde comune portoghese del distretto di Porto. In questa cittadina che affaccia sull’Oceano Atlantico, sfocia il fiume Ave. Quella che poteva e doveva essere una formalità contro i bianco verdi di casa del Rio Ave, il dio del calcio decise di scrivere una sceneggiatura degna di un film di Sergio Leone. Era il 1 ottobre 2020 e dopo un 2-2 acciuffato all’ultimo istante dei tempi supplementari, la lotteria dei calci di rigore. Sotto un diluvio universale e un freddo gelido, questo gruppo si è tenuto stretto, abbracciato al centro del rettangolo di gioco. Una sequenza interminabile di 24 rigori prima di liberarsi in un urlo che in quella notte lusitana sembrava soave come un canto di una sirena. Il riferimento al senso di appartenenza e di famiglia nelle video conferenze in piena pandemia, trovò la sua sublimazione in quel gesto. Un abbraccio iconico che da quel giorno è diventato storia per questi ragazzi. Nessun posto nelle classi più nobili. Si continua a viaggiare in “terza classe” anche quando la qualificazione Champions in quella stagione sembrava avesse chiuso un cerchio. L’élite era ed è questione appartenente ad altri. Pioli e i suoi ragazzi, sempre in piedi, alternando la seduta su panche scomode e fredde anche dopo la vittoria dello scudetto. Dopo Maignan, fuori per cinque mesi, il fato ha deciso di privare i rossoneri di Leao, uomo simbolo e fuoriclasse indiscusso di questo Milan. E adesso il doppio derby di Champions da tutti pronosticato a senso unico come è spesso successo in questo viaggio di quasi tre anni. Si può sognare una destinazione ma nessuno può regalarsi la certezza. Lo scrittore e poeta che di cognome fa Kundera e di nome, neanche a dirlo, Milan, dice: “E non c’è niente di più bello dell’istante che precede il viaggio. L’istante in cui l’orizzonte del domani viene a renderci visita e a raccontarci le sue promesse”. Cosa avrà mai sussurrato a Tonali e compagni il “domani”? L’eco di quelle parole è affidato solo al campo. Venti anni fa, come oggi, la spinta non deve venire dall’obiettivo finale bensì dal percorso fatto fino ad oggi. Non ci resta che accomodarci e augurarci… buon viaggio!



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