Calcio

Il mio ricordo di Totò Schillaci

Le parole di Gabriele Sbattella sul campione del calcio

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Con Totò Schillaci se ne va una parte di ognuno di noi.
La parte sognatrice, quell’Italia di inizio anni ‘90 che, per ospitare la massima rassegna calcistica planetaria, si era rifatta il look (anche a costo di speculazioni).
Schillaci era stato convocato tra gli ultimi di quell’Italia allenata da Azeglio Vicini, una bella Nazionale che seppe riscattarsi dopo la magra figura di Messico ‘86 e che, era data per favorita alla vittoria finale in quel mondiale di calcio.

Entrato al posto di un poco brillante Andrea Carnevale, pochi minuti dopo, con una bella elevazione di testa mise il pallone alle spalle del portiere austriaco consegnando la vittoria alla Nazionale in una partita contro una nazionale, quella danubiana appunto, particolarmente scorbutica.
Quell’esultanza con gli occhi spiritati fece immediatamente il giro del mondo e divenne simbolo di quel mondiale. Arrivarono poi i gol contro la Cecoslovacchia, contro l’Uruguay, contro l’Irlanda di Jack Charlton prima di quella semifinale giocata contro l’Argentina di Maradona a Napoli con buona parte dello stadio campano a tifare per i gauchos, vuoi anche per certe dichiarazioni del capitano argentino che, a nostro giudizio, avrebbe fatto meglio a rimanere in silenzio per non esacerbare gli animi di una partita che già si preannunciava tesa. Ma Maradona, come sappiamo, non era uno che aveva peli sulla lingua, anzi…e certe sue dichiarazioni gli costarono care.
Schillaci segnò il momentaneo vantaggio in quella semifinale, ci pensarono poi l’errore di Walter Zenga e i calci di rigore a spegnere i sogni di quella nazionale e di tutti i tifosi italiani.
Ci si accontentò del terzo posto nella partita a Bari contro gli inglesi nella quale Schillaci segnò il rigore che valse ai nostri il gradino più basso del podio e a lui, la vittoria nella classifica dei cannonieri.
Dicevamo di quegli occhi spiritati: erano gli occhi di un giovane ragazzo, nato in uno dei quartieri più difficili di Palermo che erano desiderosi e affamati di riscatto.

Ho due ricordi che mi legano a lui.
Il primo è di quell’estate del 1990: pochi giorni dopo la fine di quel mondiale partii per il mio primo viaggio attraverso il Vecchio Continente. Un viaggio in solitario (frutto di una scommessa scolastica fatta con il mio amato padre) che avrebbe dovuto portarmi a Londra.
<<Se riuscirai ad essere promosso per regalo ti compro la tessera Inter-Rail>>.
La sopraccitata tessera era un biglietto dedicato interamente ai giovani di tutta Europa che permetteva loro di girare liberamente per tutta l’Europa per due mesi.
Ci pensò bene un’agitazione dei traghetti dalla Francia alla Gran Bretagna a cancellarmi la possibilità.
Deviai per Bielefeld, cittadina del nord della Germania, dove c’era un amico di mio padre che avevo incontrato l’anno precedente. Sarei rimasto qualche giorno per poi dirigermi verso Monaco Di Baviera. Invece no, rimasi una settimana e mezzo in quanto mi trovavo bene. Girando per Bielefeld appena dicevo che arrivavo dall’Italia, subito si associava il nome del cannoniere juventino. <<Schillaci hat gut gespielt aber Deutschland ist Weltmeister>> (Totò Schillaci ha giocato bene ma la Germania è campione del mondo), così mi dicevano i tedeschi.
E quella frase bisognava (purtroppo) mandarla giù.
Avevano vinto loro.
Qualcuno potrebbe insinuare che il rigore concesso agli uomini di Beckenbauer era troppo generoso ma, come avrebbe detto Vujadin Boskov <<Rigore è quando arbitro fischia>>.

Il secondo ricordo mi fa fare un salto nel tempo di ben trentuno anni, alla primavera del 2021 quando, venni convocato dalla redazione di “Avanti Un Altro” per una serata speciale. Io ero il capitano della squadra dei “Campioni di Telequiz”, il Kaiser Franz della situazione. Fu per me emozionante trovarmelo di fronte a rivolgermi le domande sulla sua carriera. In quel momento mi passarono davanti come in un time-lapse tutte le immagini di quel mondiale, dall’illusione della vittoria (perché quell’Italia stava andando fortissimo), alla delusione per la vittoria mancata (mitigata dal terzo posto) e alla contentezza perché l’Argentina che ci aveva sbattuto fuori aveva perso la finalissima contro i tedeschi (che di lì a poco avrebbero festeggiato la Riunificazione, figlia di quei moti popolari che portarono nell’autunno dell’anno precedente al crollo del Muro di Berlino).
Ça va sans dire, risposi esattamente alle tre domande che mi vennero rivolte.
Una volta arrivato in finale la mia concentrazione se ne andò a farsi benedire con quel tremendo gioco dove per indovinare bisogna dare la risposta sbagliata.
Ma per me fu un emozione vederlo dal vivo e stringergli la mano.
Nemmeno a farlo apposta Totò se ne è andato dopo Vialli, che gli fece quel delizioso cross che trasformò in rete.
Ciao Totò Schillaci e grazie per averci fatto sognare.

P.S. : Quei minus habens da stadio che gli rivolgevano quel coro becero che rievocava un episodio poco felice del suo passato ora, abbiano l’accortezza di vergognarsi per quel coro e di chiedergli scusa.




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