Premier League
Tonali: “Le scommesse? Un’abitudine a 17-18 anni. Non pensavo di avere una dipendenza”
Sandro Tonali ha rilasciato dichiarazioni importanti a la Repubblica sul suo essere protagonista del centrocampo del Newcastle e della Nazionale dopo la squalifica per scommesse che lo ha colpito poco dopo il suo trasferimento in Inghilterra dal Milan. Ecco le sue dichiarazioni.
Stile di vita negativo
“Non è esagerato parlare di una prima e di una seconda vita. Il mio stile di vita era negativo. Ero chiuso con tutti e questo mi faceva cambiare comportamento: anche con le persone che mi volevano bene e alle quali volevo bene. Ero così sia al campo di allenamento sia a casa, con amici e familiari. Oggi, per fortuna, sono diverso.”
Il rapporto di Tonali con le scommesse
“Non ricordo la prima, ma sicuramente è diventata un’abitudine a 17-18 anni. E la normalità quando ha cominciato a prendermi tanto tempo. Il fatto che fosse online mi oscurava da tutto, mi chiudevo nel mio guscio. Non sono mai stato introverso con famiglia e amici. Con i compagni e in ambito sportivo sì. Non per diffidenza, ma abitudine: fin da ragazzino ero sempre il più piccolo. È difficile che crescendo con gente più grande si diventi estroverso. Nei primi anni di Brescia mi isolavo, non condividevo i miei pensieri con nessuno.”
La consapevolezza di avere una dipendenza
“Credo in realtà di non averla mai avuta. Quando una persona si ritrova in una situazione del genere, è difficile chiederle se è malata. Ti dirà sempre di no. Anche se sente che non è così. Non può pensare di avere quel problema, quindi tende a nasconderlo. Avere tanti soldi? Nei mesi lontano dal campo ho passato tanto tempo con lo psicologo. Il suo lavoro era farmi capire come ci ero caduto. Di solito lo si capisce nel momento in cui si perde qualcosa: famiglia, lavoro, stipendio. Invece nel mio caso la disponibilità economica non mi ha fatto accorgere della serietà della cosa. È stato un lavoro di recupero difficile. Non potevo prendere farmaci specifici, perché col 95% di quelli sarei risultato positivo all’antidoping, così è stato tutto un percorso mentale: durato mesi, con psicologo e psichiatra.”
La squalifica
“Nei primi due mesi ero staccato da tutti, poi rientrando nella vita, allenandomi tutti i giorni senza avere la partita, ho capito che pagavo per quello che avevo fatto. Il Newcastle mi ha aiutato tanto. Compagni e allenatore mi hanno sempre tenuto dentro, come staff e dirigenza. I tifosi, compresi quelli avversari, non mi hanno mai giudicato. Qui rispettano i problemi di tutti, non calcano la mano e cercano di aiutarti. L’aiuto più grande me l’hanno dato il professore Gabriele Sani, primario del reparto di psichiatria dell’ospedale Gemelli di Roma, i miei familiari, Giulia, Andrea Romeo e la sua famiglia che sono qui accanto a me, i miei procuratori Marianna Mecacci e Giuseppe Riso. Questa situazione ha rinsaldato il rapporto.”
Sul rapporto con il telefonino e la tecnologia in generale
“Nell’ultimo anno non l’ho avuto per sei mesi. Certo ho provato un senso di libertà: la sensazione di essere a posto anche senza. Prima non potevo fare da stanza a stanza, oggi lo prendo quando esco di casa e lo lascio rientrando. Lo riprendo solo se mi chiamano mamma, papà o qualche mio familiare. E coi social il rapporto è minimo.”
Queste le dichiarazioni di Tonali alla Repubblica.
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