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Il goodbye di Andy Murray

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Hai fatto sognare, hai fatto piangere, e hai reso orgogliosi noi inglesi. Wimbledon saluta così il campione più amato dai britannici, Sir Andy Murray, riservandogli l’onore del Centre Court per la sfida di doppio accanto al fratello Jamie. Sfida persa contro Peers e Hijikata, e che è stata l’ultima volta di Andy sui campi di Church Road. L’emozione era tutta lì, concentrata in una serata da lacrime e ricordi, con il meglio del tennis mondiale in tribuna e in video, per un tributo quanto mai meritato dopo anni di vittorie e sofferenza fisica.

“Non sono sempre stato perfetto”

“Di certo – ha detto lo scozzese, evidentemente (e inevitabilmente) commosso – non ho fatto tutto al meglio, nella mia carriera. Sono stato un giocatore tutt’altro che perfetto ma ho saputo lavorare ogni giorno con dedizione, etica del lavoro e passione, indipendentemente dagli alti e bassi, dalle vittorie e dai dolori. Ho dato il massimo, è di questo che sono orgoglioso”. All’inizio dell’epoca che ha portato il tennis a un altro livello di popolarità, Andy era uno dei Fab 4, insieme a Federer, Nadal e Djokovic. Poi gli altri se ne sono andati, lui è rimasto con 3 titoli Slam, due dei quali proprio a Church Road. A cui vanno aggiunti due Ori olimpici, una Davis, il numero 1 del mondo per 41 settimane.

La fine di un’era

Ma non è dai numeri che si parte, per spiegare Sir Andy. Come è apparso chiarissimo nella serata-tributo, Murray si spiega molto meglio attraverso le emozioni di un giocatore talentuoso e fragile, che chiude la propria vita sportiva con un’anca di metallo in corpo per la testarda necessità di continuare a fare ciò che più ha amato nella vita: esibirsi su un campo da tennis, dove ha sempre lottato con ogni goccia di energia. “Il mio servizio e il resto del mio gioco sono lontanissimi dal livello abituale. Quest’anno è stata dura con la caviglia, poi con l’intervento alla schiena, ovviamente con l’anca. Se sapessi che il mio corpo è in grado di supportarmi, continuerei perché amo la competizione, allenarmi, cercare di migliorare. Ma so che è arrivato il momento di dire basta. E sono felice che sia finita”. Goodbye, Sir.




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